LilySlim Weight loss tickers

29 Jun 2011

e che festa sia!

per esorcizzare il periodo pesante (è il caso di dire) che sto vivendo, così, su due piedi, ho deciso di dare una festa. 
Non è il mio compleanno, voglio solo festeggiare i miei primi 40(+2) anni e augurarmene  altrettanti e tutti "nuovi" dopo l'operazione. 
Forza ragazza!

27 Jun 2011

io e mrs. piccolinis

venerdì sono arrivate le truppe cammellate dall'Italia: mia sorella, il marito e i miei due nipotini e i nonni che mr. Gordilla chiama piccolinis.
Un pò di trambusto in casa, che dalla calma di tre abitanti è passata in un battibaleno al caos di nove, ma ci si adatta dopo un pò. 
Come ogni domenica, verso  mezzanotte ho un appuntamento fisso con Discovery Channel dove trasmettono la serie "Family Fat Surgeons", un documentario che racconta le  storie di persone gravemente obese che si rivolgono alla chirurgia in un estremo tentativo di guarigione. I due chirurghi responsabili sono i dottori Robert e Garth Davis, rispettivamente padre e figlio, che insieme al loro team, si occupano, con passione e coscienza, di chirurgia bariatrica presso il Methodist Weight Management Center di Houston in Texas. 
I piccolinis dormono giù nel salotto dove abbiamo la televisione e so che questi tipi di programmi a loro non piacciono, quindi ho chiesto se potevo guardare mentre loro dormivano chè tanto non li sveglia neache una bomba. 
Mia madre, sorprendendomi per l'ennesima volta, ha insistito per guardarlo con me, per capire qualcosa di più sull'operazione che mi accingo a fare.
Insomma, facendole la traduzione simultanea, anche lei si è visto il programma e, nonostante alcune scene molto crude in sala operatoria, ne è rimasta positivamente colpita. 
Vedere persone come me che intraprendevano il percorso bariatrico, sentire le loro storie, condividerne le sofferenze, ma anche le gioie di una scelta drastica come quella chirurgica, l'ha rassicurata ancora di più sulla mia scelta.
Fino a qualche mese fa, quando io e mr. Gordilla guardavamo il documentario, non credevo possibile condividere questo tipo di cose con mia madre. Invece lei, per l'ennesima volta, mi ha stupita.
L'ho sentita vicinissima, soprattutto quando si commuoveva come e con me, nel sentire e nel vivere il travaglio emozionale a cui i vari pazienti erano sottoposti durante il viaggio verso la loro rinascita.
Mi ha detto che ora che aveva visto con i propri occhi di cosa si tratta, era anche più tranquilla del mio successo. 
La sua "semplicità" nel dirmi quello che sentiva mi è arrivata dritta dove doveva arrivare. E mi sento sempre più forte.
Ancora una volta Grazie mamma!

23 Jun 2011

sono pronta

queste due parole mi hanno attraversato la testa come un flash mentre ero indaffarata con gli ultimi preparativi per l'arrivo della mia famiglia.  E' stato così inatteso e repentino che me ne sono sorpresa. 
Ho sorriso. Sì, sono serena. Tanto che la paura dei giorni passati mi sembra un lontano ricordo.
So che sto facendo la cosa giusta e questa consapevolezza mi aiuta.

10 Jun 2011

a piccoli passi verso il cambiamento

lunedì scorso, qui da noi, è iniziata la AvondVierDaagse 2011, ovvero la quattro giorni serale. Si tratta di un avvenimento nazionale pensato per i ragazzi e i bambini in età scolare, ma anche per chiunque voglia prendervi parte, e consiste in una camminata a percorso di 5 km o 10 km a sera, a seconda dell'età e delle capacità dei partecipanti.
Come l'anno scorso, little ms. Sunshine e noi c'eravamo. 
La piccola, nonostante i suoi cinque anni e mezzo, è stata un'impavida maratoneta e ha terminato il percorso tutte e quattro le sere, portando con orgoglio la sua seconda medaglia a casa. Ieri sera, dopo l'ultima camminata, c'è stata la cerimonia di premiazione e la parata di tutti i partecipanti, per la via centrale della città. I piccoli hanno ricevuto applausi, fiori e regalini dagli spettatori. Vedere la nostra little ms. Sunshine così soddisfatta e felice è valsa tutta la mia stanchezza e i miei dolori.
La piccola ne è inconsapevole, ma è per lei che l'ho fatto. Anche io come tantissime altre mamme, volevo essere lì. Mia figlia non deve subire la mia obesità. Già l'anno scorso, mi sono sfidata a camminare 20 km divisi in quattro sere. Per un peso massimo come me, non è facile camminare queste distanze, nonostante ciò, ho portato a termine la mia missione personale. E' stata anche la mia vittoria.
Sempre ieri, in mattinata, avevo saputo la data dell'operazione e mi ha preso un vero e proprio attacco di paura. Camminare per tanto tempo mi ha fatto senz'altro bene, ha schiarito i pesanti nuvoloni che mi avevano rabbuiata. 
Non ho dubbi sull'intervento, ci credo. Sono stata spaventata dalle possibili complicazioni in sala operatoria sulle quali i dottori si sono doverosamente soffermati.
E' ovvio che ci siano rischi, anche assumere un paracetamolo, stando al foglietto illustrativo, potrebbe creare seri problemi alla nostra salute. Con le dovute proporzioni, lo stesso vale per qualsiasi intervento chirurgico.
Non devo dimenticare, però, che a controbilanciare queste nefaste eventualità, c'è il fatto che mi sono rivolta ad una struttura valida con dottori altamente specializzati. Il tasso di mortalità per quanto li riguarda è dello 0,2%, anche al di sotto delle statistiche generali, non stiamo quindi parlando di macellai. Ecco, è con questo spirito che devo andare avanti. 
Proprio durante questa camminata, il dovermi confrontare, per l'ennesima volta, con le limitazioni che il mio corpo pesante m'infligge, mi ha ridato la forza di ritrovare la positività. 
So che da sola non ce la farò mai a perdere tanto peso e soprattutto a mantenere i risultati nel lungo periodo. Ci sono troppi meccanismi metabolici e chimici nel mio corpo che remano contro la guarigione e prescindono dalla mia forza di volontà. E questo è un fatto.
L'operazione mi offre la possibilità di rompere questo circolo vizioso, e io voglio usufruirne ora, che sono ancora giovane, per liberarmi dalla pesante gabbia di grasso in cui sono prigioniera da una vita.
Ho solo 42 anni, ho voglia di fare tanto e c'è ancora tanto da fare, non debbo sentirmi in colpa per la mia scelta che è motivata solo ed esclusivamente dalla voglia di guarire e prevenire problemi di salute ancora più gravi. 
Voglio poter camminare e non avere dolori lancinanti ai miei piedi. Voglio poter correre e andare in bicicletta senza avere, dopo un minuto, il fiatone e il cuore che quasi mi scoppia in gola. Voglio poter salire le scale senza avere dolore alle ginocchia. Voglio dare al mio cuore, al mio corpo, al mio spirito una tregua. Voglio vivere.
Al punto in cui sono, obesa di terzo grado, l'unica chance me la offre la chirurgia che, però, nella più nefasta delle eventualità mi può uccidere.
Si tratta di confrontare i potenziali rischi di un intervento chirurgico, con il fatto che fra qualche anno la mia mobilità sarà ulteriormente ridotta e il mio stato generale di salute peggiorerà in maniera esponenziale, e questa sì che è una certezza. Ho scelto, come hanno dovuto fare milioni di obesi gravi prima di me, la strada più drastica ed estrema. 
Sono nelle mani dei dottori e prego chè quelle Celesti siano al nostro fianco.

9 Jun 2011

l'anestesista

l'ho visto stamattina, e con lui si chiude il lungo screening pre-operatorio iniziato il 10 marzo scorso. Ancora non mi sembra vero di essere arrivata fin qui. 
Un'infermiera mi ha misurato la pressione sanguigna e poi mi ha fatto una serie di domande sul mio stato di salute in generale e, con mia sorpresa, sulle mie volontà. Pur riconoscendo la sensatezza di tali domande, ne sono rimasta colpita. Era surreale, si parlava di me, era a me che venivano posti dei quesiti, ed io rispondevo come se non fossi la protagonista di quella conversazione, ma la spettatrice. 
D: "E' credente?"- R: Sì, sono cattolica. 
D: "Gradirebbe la presenza di un prete per confortarla, prima dell'operazione?" - R: No.
D: "Qual è la sua lingua madre?" - R: Italiano.
D: "Non voglio spaventarla, ma dobbiamo saperlo, è donatrice?" - R: Sì, ho la mia tessera qui con me.
Dopo aver sbrigato le ultime pratiche, la signora si è congedata augurandomi il meglio. Mi sono poi spostata nello studio dell'anestesista, il dr. Hasster.
Ha aperto il  mio dossier elettronico ed ha cominciato ad analizzare tutti i dati per lui rilevanti: l'esito della visita cardiologica, gli esami del sangue e le conclusioni dell'internista. Ha ripreso in mano il questionario che avevo compilato e mi ha rifatto alcune domande, soffermandosi su quelle per lui fondamentali (allergie, 
motricitàmobilità, presenza di protesi dentarie, uso di farmaci o droghe, interventi chirurgici precedenti, etc.). Si è anche scusato per la ripetitività, ma, giustamente, mi ha anche detto che quelle domande e soprattutto le risposte potevano fare la differenza fra la vita e la morte in caso di complicazioni durante l'intervento, ragion per cui era meglio fare un doppio controllo.
Il dr. Hasster mi ha poi auscultato il cuore e i polmoni, misurato il collo e controllato la mobilità dello stesso ed  in ultimo controllato l'apertura della bocca.
Ero un pò sorpresa da questi ultimi test, e lui mi ha detto che per garantire la funzione respiratoria per tutta la durata dell'intervento, sarei stata intubata. Quindi serviva loro sapere se la bocca si aprisse sufficientemente e il collo fosse mobile per inserire con facilità il tubo respiratorio. L'intubazione sarebbe avvenuta solo dopo essere stata anestetizzata, quindi non mi sarei accorta di nulla. Gli ho anche chiesto  se al risveglio avrei risentito dell'intubazione, e lui mi ha risposto che avrei potuto senz'altro avere una sensazione di irritazione alla gola, ma più che altro causata dalla sonda, che mi sarebbe stata inserita dal chirurgo per far affluire il mezzo di contrasto allo stomaco e accertarsi che non ci fossero perdite dalle suture interne. 
Alla fine di questo suo screening l'anestesista mi ha informata che, per quento li riguardava sono idonea. Il mio fattore di rischio è 3 su 5 nella loro tabella, che è diversa da quella del chirurgo. 
Chiaramente nella definizione di questo grado di rischio entra l'obesità con un bmi>45, il soffio al cuore anche se non patologico, la pressione sanguigna leggermente alta, l'iperinsulinemia e l'iperprolattinemia. 
Dall'accuratezza della visita mi sono resa conto di essere praticamente nelle loro mani e gliel'ho detto. Lui me lo ha confermato. Alla mia perplessità sull'alto grado di rischio, il dottore mi ha risposto che per loro significava solo più allerta e controlli extra, proprio per garantire la mia incolumità. 
Tutte le mie funzioni vitali saranno monitorate dall'anestetista e dall'assistente per tutta la durata dell'intervento. Il giorno dell'operazione può anche essere che non sarà lui il mio anestesista ma un altro dottore, tutto dipenderà dai turni. Ma quello che contava era il mio profilo clinico ormai definito. 
Per ultimo il dottor Hasster mi ha informata che, pur essendo a loro noto il mio gruppo sanguigno, il protocollo nazionale prevede che il giorno prima dell'operazione, sia fatto un ulteriore prelievo per la determinazione del gruppo. Questo per controprovare che è di me che si tratta e predisporre il sangue per eventuali trasfusioni. 
Ci siamo salutati e quasi in trance mi sono diretta verso il reparto di chirurgia per fissare la data dell'operazione. 
Sarà martedì 19 luglio, e sarò operata, come richiesto, dal dr. van de Laar. L'ora dell'operazione la saprò solo il giorno precedente dopo le 14.30 quando sarà fissato il programma operatorio del 19. 
Sono uscita dall'ospedale intontita. Ero sola e ho telefonato immediatamente a mio marito per comunicargli la fatidica data. Dopo le prime parole sono scoppiata a piangere.  Tutte le parole sentite mi frullavano in testa dandomi il capogiro.
Avevo paura. Mi sentivo persa. 
Sono andata da sola all'appuntamento perchè pensavo fosse una cosa di routine, sottovalutando il fatto che il conoscere la data dell'operazione avrebbe potuto, come è successo, scuotermi così profondamente. Ho parlato per un pò con mr. Gordilla, lasciando libera ogni mia emozione, ogni pensiero, fino al più brutto: la morte. Le lacrime, le sue parole, le mie parole sono riuscite a calmarmi. 
Prima di tornare a casa dovevo sbrigare delle commissioni ad Amsterdam, il che mi ha aiutato a distrarmi. 
Sulla strada del ritorno però, i brutti pensieri si sono ripresentati con tutta la loro violenza:
E se muoio, come farà la mia piccolina? E' una scelta comoda ed egoistica la mia? Perchè non mi metto davvero d'impegno e provo a dimagrire senza affrontare un intervento chirurgico così drastico, che potrebbe mettere a rischio la mia vita? Facendo questa scelta metto in conto la possibilità di morire. Non è crudele per mia figlia?
Ho provato per la prima volta, da quando ho iniziato il percorso bariatrico, un senso di colpa. 
Credo in questa operazione, ci credo davvero. Sono convinta che per me sia la soluzione giusta e che farò di più del mio meglio per farla diventare un successo personale. Allo stesso tempo ho paura dei rischi operatori. Ho paura di morire e di quello che lascerò a chi rimane. Io non ci sarò più e per me il sipario sarà chiuso, ma per mia figlia, mio marito, e tutti i miei cari, che sarà? Capiranno le mie scelte?
Nonostante questi atroci dilemmi infilzati nel cuore che mi stordivano sono arrivata a casa, ma la strada per ritrovare me, ora come ora mi sembra di averla persa.

1 Jun 2011

sorelle d'Italia

per dare più visibilità ai workshop di cucina che tengo, ho fatto una serie d'inserzioni su un settimanale locale molto conosciuto. A parte le richieste di chi era interessato a questi workshops, qualche settimana fa sono stata contattata da una signora italiana, Angela, che vive nella mia stessa cittadina. Ricevere la sua e-mail mi ha fatto molto piacere anche perchè pensavo di essere proprio la sola del Bel Paese ad abitare qui. 
Non la porto alle lunghe, ci siamo incontrate, e siamo state a chiacchierare per tutto un pomeriggio, tanto che solo i miei doveri di mamma e di moglie mi hanno fatto ritornare a casa.
Insomma da quel pomeriggio credo di aver trovato una nuova amica. 
A parte la persona in sè e il poter parlare in italiano, la cosa che mi piace tanto, è che inviti last-minute come "domani pomeriggio andiamo a prenderci un caffè?" oppure, "vieni a casa che faccio la pizza...", hanno di nuovo una ragione d'essere.
Il fatto di dover programmare tutto in largo anticipo, persino l'andare a prendersi un caffè, è una di quelle cose olandesi alla quale non mi sono mai abituata. Questa mancanza d'improvvisazione, ammazza la spontaneità ed è una delle ragioni per cui trovo non facile la socializzazione con gli olandesi. O si entra in quest'ottica, la si accetta e la si pratica o rimani bloccato al buongiorno, buonasera, come capita a me, fatte salve un paio di persone.
Oggi, però, sono tornata, con grande piacere, indietro nel tempo, a godermi una di quelle cose che della mia terra più mi mancano: la convivialità. Nel pomeriggio, mentre Billa era a danza, io e Angela eravamo in un caffè a goderci la reciproca compagnia, il sole, le chiacchiere e naturalmente il pretesto dell'incontro: il caffè.